Ero felice e non lo sapevo, dice una frase conosciuta, ma io invece ero felice e lo sapevo.
Ero felice di quello che facevo , felice di danzare e di coreografare.
Felice di insegnare, di parlare con le allieve, di dare le caramelle a quelle dei corsi inferiori a fine lezione.
Di sorridere e di sgridarle, di prestare i miei costumi per una performance.
Felice di prepararle e di partecipare ai concorsi.
Di fare la foto con la coppa della vittoria.
E felice si di preparare il saggio finale e di guardarle dalle quinte emozionate e meravigliose (per me)
Tutto ritornerà come prima, torneremo a sorridere ed io a distribuire caramelle, ma oggi, anche con le lezioni a distanza, manca , manca il contatto non solo fisico per la correzione, manca il contatto vocale, quello mentale e quello visivo.
Mancano gli occhi, lo sguardo complice al momento dell’ andata in scena.
E se si va’ avanti per non mollare, se le Associazioni e scuole di Danza, piccole come la mia, non sanno come pagare il fitto dei locali, le bollette luce ed acqua e tutto quello che comporta questo tipo di attività, ci aggrappiamo ad ogni cosa possa farci sentire che tutto il lavoro fatto non vada perduto.