Tutti i bambini prima o poi fanno i capricci, si disperano, urlano, si lagnano e i genitori spesso si sentono incapaci a fare fronte a questi comportamenti nel modo corretto.
Ma cosa sono innanzitutto i capricci e a cosa servono?
Il capriccio è la manifestazione del desiderio del bambino di ottenere qualcosa per lui particolarmente significativa. Per conquistarla è disposto ad impuntarsi, piantare grane, fare le bizze, pretendere con tutta la sua forza di avere l’oggetto del suo desiderio.
Questa tuttavia è solo la facciata!
Se, infatti, si osserva il comportamento incontentabile all’interno della relazione con i propri genitori si comprende con chiara evidenza come il capriccio abbia lo scopo di testare la relazione con mamma e papà, di forzarla, di saggiarne i limiti.
E’ il modo con cui i bambini cercano di far valere il loro punto di vista, di sondare quanto conta il loro volere e quanto i genitori riescono ad arginare i loro eccessi di energia.
Attraverso il capriccio il bambino esprime la sua volontà di avere tutto e subito, stabilendo i confini del proprio potere nel rapporto con i genitori.
E’ come se si chiedesse “Fino a dove mi posso spingere?”, “Quanto mamma e papà sono disposti a cedere?”.
Una volta dato il giusto significato al capriccio appare più facile mettere in atto le strategie migliori per gestirlo senza farsi travolgere.
Vediamo come.
La regola d’oro in questi casi è evitare di avere un atteggiamento paritario con i propri figli.
Quando i capricci degenerano e il bambino comincia ad urlare, a scalciare o addirittura si butta per terra come impazzito l’errore più grande è quello di mettersi sullo stesso piano, magari tentando di convincerlo a smettere o di “farlo ragionare”. Non bisogna avere timore di mostrare tutta la propria autorevolezza nei confronti del bambino, esprimendo certamente affetto ed empatia, ma ricordandosi al tempo stesso di mostrarsi fermi e contenitivi nel porre dei limiti.
In quei momenti desistere o lasciar correre è come dire “Fai come ti pare, non mi impegno più di tanto per aiutarti a crescere bene”.
La seconda regola è quella di non tornare sui propri passi: quando si reputa opportuno dare uno stop, è necessario mantenere il punto, evitando di andare immediatamente a consolare il bambino o peggio ancora a “risarcirlo” con regali o oggetti.
Piuttosto è bene far sbollire la tensione e, una volta che il clima è nuovamente sereno, si può tornare sul discorso per spiegare con calma le proprie ragioni e il motivo per cui quel determinato comportamento non va bene.
La terza regola è evitare di aggiungere le proprie grida a quelle del bambino, magari strattonandolo o perdendo la calma. E’ un atteggiamento del tutto controproducente che lo agita ancora di più e vi fa perdere autorevolezza agli occhi di vostro figlio. Il bambino, infatti, si potrebbe chiedere “Perché dovrei smettere di urlare e fare capricci per impormi quando i primi a farlo sono mamma e papà”?
Per ultimo è fondamentale capire che da come rispondete dipende la durata e l’evoluzione della fase oppositiva. Fare capricci non passa automaticamente con la crescita, ma dipende dalle risposte che i genitori hanno saputo dare nel tempo agli scoppi di collera del figlio.
Dott.ssa Ilaria Randolfi
Psicologa – Psicoterapeuta
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