Ci sono situazioni e contesti, a volte dolorosi, dove la dimensione psicologica si mescola a quella giuridica.
Una di queste circostanze è quella in cui una famiglia attraversa un periodo di disagio relazionale. La complessità delle relazioni familiari è inimmaginabile.
Queste situazioni difficili infatti possono trarre origine da cause diverse ed evolversi e risolversi in vari modi.
Anche i protagonisti hanno condotte e ruoli differenti.
Una cosa, per quanto può sembrare banale e scontato, è certa: quasi sempre le vittime sono i figli.
Su Wikipedia leggiamo:
“La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (PAS, sigla dalla locuzione in inglese Parental Alienation Syndrome) è una controversa dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie del medico statunitense Richard Gardner, si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, e in particolare nei procedimenti giudiziari per l’affidamento dei figli minori”.
Pertanto qualunque azione parte e si indirizza con uno scopo ben preciso: tutelare i minori da questa sindrome.
Sicuramente tante sono le domande nei conflitti familiari.
È meglio una famiglia molto conflittuale ma unita o meglio una famiglia divisa ma in pace?
E qual è il limite del conflitto familiare sopportabile oltre il quale è meglio che una famiglia venga dissolta?
Per non parlare di quando una famiglia finisce restando, ahimè, conflittuale, che è il caso peggiore.
La prima cosa da fare ovviamente è provare a capire quali sono le cause che portano a far scontrare due genitori e tentare di riparare i guasti in autonomia.
Molto spesso ciò non è possibile.
In questo caso l’intervento di uno psicologo matrimoniale può risolvere i problemi con una terapia di coppia mirata. Eppure a volte neanche così si riesce a risolvere e i genitori decidono che è arrivato il momento di lasciarsi. Fin qui il danno è limitato.
E se una separazione coniugale può riportare serenità tra i suoi membri siamo di fronte al cosiddetto “danno minore”.
Ma non va sempre tutto così liscio. In queste dinamiche spesso uno dei due genitori mette in atto una condotta di strumentalizzazione di uno o più figli come arma per vendicarsi o comunque danneggiare il partner con cui la relazione è finita.
Ecco, questo rappresenta uno dei danni più deleteri che si possa infliggere ai propri figli.
E il danno non è correlato solo ai rapporti fra genitori e fra figli.
Il conflitto infatti spesso approda in tribunale con un ulteriore trauma, extrafamiliare, per i minori.
Qui bisogna intervenire e persuadere i genitori che i figli sono intoccabili, che non vanno mai usati e che il rapporto fra i propri figli ed entrambi i genitori è sacro.
Denigrare, aizzare, sobillare uno o più figli contro un genitore non è mai e poi mai la strada giusta.
Partiamo dal presupposto che se un genitore si comporta male con i figli o comunque in maniera inappropriata per il suo ruolo, i figli quasi sempre se ne accorgono autonomamente.
Ma seppure dovesse esserci un sospetto di plagio o di raggiro di un minore da parte di un genitore, l’altro, tutt’al più deve parlarne con le figure preposte: assistenti sociali, consulente psicologico o con un avvocato.
Ma quando effettivamente va coinvolto un avvocato?
La risposta è semplice: quando qualcuno, specialmente se minore, sta subendo un danno concreto materiale o psicologico.
E qual è la funzione primaria di un avvocato?
Qualcuno risponderà: tutelare il proprio assistito. La risposta è no. La missione di un avvocato, specialmente in questi casi, è contribuire a riportare la giustizia in un contesto familiare. E questo per una ragione molto semplice: perché senza giustizia non c’è pace, e senza pace ci perdono sempre tutti, nessuno escluso.
Quando non c’è giustizia chi ha subìto un danno reagirà spesso in maniera aggressiva e violenta perché si sente vittima e tenta, spesso con ogni mezzo, anche illegittimo, di non subire più. Al contempo chi si sta comportando male continuerà a farlo sentendosi forte e con le spalle coperte, sicuro/a di potersi comportare male senza subirne le conseguenze.
La figura dell’avvocato in queste dinamiche va ben oltre il semplice dato giuridico. Per cominciare un bravo avvocato divorzista ha sempre come obiettivo principale la tutela dei minori della famiglia prima ancora che del proprio diretto assistito.
Un avvocato divorzista mira a ristabilire la giustizia perché in un clima sereno di riconoscimento e rispetto di tutti i membri di una famiglia o di una ex-famiglia tutti ne traggono beneficio, anche il proprio assistito e soprattutto i suoi figli.
Pertanto quando si sceglie un avvocato in una causa di divorzio o separazione bisogna fare sempre molta attenzione.
Le cause penali in cui sono coinvolte le famiglie, specie con minori, sono quelle in cui c’è bisogno di avvocati contraddistinti da una grande deontologia professionale, un profondo senso di responsabilità e una straordinaria sensibilità umana.
Post scritto dall’avvocato MariaGrazia Santosuosso